Percorro la provinciale costeggiando il canale limaccioso
che conduce alle costruzioni di periferia
riservate agli immigrati che tentano di sottrarsi
alla pesantezza quotidiana della propria terra
La luce dei lampioni mi copre le mani di giallo
che incuriosite si rivoltano osservandosi
Il fumo della sigaretta, lasciato libero
salta agli occhi inducendoli a lacrimare
approfittando delle palpebre senza protezione
All’improvviso il manubrio d’un motorino,
mi urta al gomito destro togliendomi il respiro
Recupero a stento l’equilibrio ed evito di cadere in acqua
Scorgo a malapena la faccia della ragazza a bordo
e l’assimilo ad una bellezza artistica mussale
Il dolore s’attenua ed il rammarico scema
osservandola allontanarsi ad andatura ridotta,
deluso d’aver perduto la possibilità d’ammirarla
Avrei potuto inseguirla e magari acchiapparla,
metterla sottovetro e goderne con sapienza
secondo i colori versati dal cielo
ma l’educazione accatastata nella mia famiglia
respinge ogni tentazione e prosieguo col gomito in mano
Svolgo il mio lavoro con impegno e serietà, alla stregua
dei locali e conterranei stanziali con i figli grandi
che dellla lingua dei padri conoscono la parola "vastasa"
La nomèa, però della malagenìa, rende mal tollerata
la nostra presenza, accomunandoci ai "nemici"
che non appartengono alla terra che li produce
ma ad ogni persona che ama la giustizia e la libertà
La difficoltà che colpisce il lavoro , crea paura
e la gente s’aggrappa al ramo che gli sta a portata di mano
dichiarando guerra alla ragione, sottacendo la civiltà acquisita
Il passaggio a livello è abbassato e non mi par vero
di trovare ferma, in attesa, la pennellata "divina"
Ma temendo di turbarla, m’impongo di guardare altrove
e con calma indifferente aspiro dalla sigaretta il disagio
aspettando che il treno passi e mi liberi la strada
Guardando indietro, scorgo a circa venti metri, un uomo che avanza
con uno sgabello appoggiato al petto con le gambe in avanti
La faccia cerea fuoriesce dal bordo e s’avvicina
su gambe esili ad andatura d’automa
Una paura strana mi monta per la schiena
Mi par che sia sfuggito alle macerie di casa
sepolta dall’asfalto d’autorità
Cerco conforto nella ragazza del motorino ma è scomparsa
Le sbarre alzate mi riempiono di coraggio
Un ultimo sguardo a misurare la distanza
mi regala il fantasma che entra nel grattacielo
e realizzo affrancato che è un falegname mascherato
che consegna a domicilio il lavoro terminato